In Italia, diventare insegnante di sostegno dovrebbe richiedere un percorso rigoroso, fatto di studio, tirocini e prove selettive. Eppure, un fenomeno sempre più diffuso sta aggirando queste regole: l’acquisto di titoli all’estero. Con qualche migliaio di euro, aspiranti docenti ottengono certificazioni in paesi come Romania o Spagna, senza frequentare corsi reali o svolgere tirocini. Questi titoli, riconosciuti grazie a un’ordinanza ministeriale, permettono di entrare nelle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) e insegnare nelle scuole italiane, scavalcando chi ha seguito il percorso regolare del Tirocinio Formativo Attivo (TFA).
Il meccanismo: un sistema che premia chi paga
Il processo è semplice: si paga un’agenzia, si ottiene un attestato di specializzazione sul sostegno, e si presenta la documentazione al Ministero. Non serve sostenere prove preselettive né accumulare esperienza pratica. Questo cortocircuito è reso possibile da una normativa che consente l’inserimento “a pettine” nelle graduatorie di chi ha titoli esteri, anche se non validati. Il risultato? Insegnanti senza preparazione adeguata finiscono a supportare alunni con disabilità, mentre chi ha investito anni in formazione resta indietro, penalizzato da un sistema che sembra premiare il denaro più del merito.
Le conseguenze: a rischio la qualità dell’istruzione
Le ripercussioni di questa pratica sono gravi. Gli studenti con bisogni educativi speciali, che necessitano di insegnanti qualificati, rischiano di essere affidati a persone prive delle competenze necessarie. Il TFA italiano, con le sue prove e i tirocini obbligatori, garantisce una preparazione specifica, mentre i titoli comprati all’estero spesso mancano di controlli sulla qualità. Ciò crea una disparità tra docenti e mina l’inclusione scolastica, trasformando un ruolo cruciale in una professione accessibile a chi può permettersi di pagare, anziché a chi è davvero preparato.
La reazione: appelli per una riforma urgente
Il fenomeno ha scatenato proteste tra sindacati e aspiranti insegnanti. Si chiede un intervento deciso per verificare la validità dei titoli esteri e bloccare il mercato nero della formazione. La proposta è chiara: servono regole più stringenti e un sistema che valorizzi i percorsi italiani, evitando sanatorie che legittimano pratiche scorrette. Intanto, il dibattito cresce: la scuola italiana può permettersi di sacrificare la qualità sull’altare della quantità? La risposta sembra univoca, ma le soluzioni tardano ad arrivare, lasciando spazio a un problema che minaccia il futuro dell’istruzione.
Nessun commento:
Posta un commento