sabato 8 marzo 2025

Dramma a Trento: bimbo in coma per un pezzo di formaggio!

Un tragico episodio ha sconvolto Trento: un bambino, oggi dodicenne, vive in stato vegetativo dal 2017 dopo aver mangiato un formaggio a latte crudo contaminato. A soli quattro anni, il piccolo Mattia ha contratto la sindrome emolitica-uremica (Seu) a causa del batterio Escherichia coli presente nel prodotto del Caseificio Sociale di Coredo. La Cassazione ha confermato nel marzo 2025 la condanna dei responsabili e un risarcimento di un milione di euro alla famiglia, ma la vicenda solleva interrogativi sulla sicurezza alimentare e scuote l’Italia.


La sentenza: un milione di euro e una condanna storica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi dell’ex presidente del caseificio, Lorenzo Biasi, e del casaro, Gianluca Fornasari, ritenuti colpevoli di lesioni gravissime. Il risarcimento prevede 600mila euro per Mattia e 200mila per ciascun genitore. Una sentenza definita epocale, che certifica il nesso tra il formaggio infetto e la tragedia, aprendo un dibattito sui rischi dei prodotti a latte crudo e sulla necessità di controlli più rigidi nel settore caseario.

Una vita stravolta: la lotta della famiglia Maestri

Dal 2017, la vita dei genitori di Mattia, Giovanni Battista e Ivana, è un inferno quotidiano. Il bambino, invalido al 100%, richiede cure costanti e oltre 30 farmaci al giorno per gestire crisi epilettiche. “Questa sentenza certifica un comportamento criminale, ma non ci restituisce nostro figlio,” ha dichiarato il padre, che chiede una legge per vietare tali prodotti ai minori di dieci anni. La loro battaglia è diventata un simbolo di resilienza e un monito per la sicurezza dei più piccoli.

Latte crudo: tra tradizione e pericoli nascosti

Il caso di Mattia non è isolato: negli ultimi anni, altri bambini hanno subito gravi conseguenze per il consumo di formaggi a latte crudo. Il batterio Escherichia coli, favorito da una cattiva gestione nella filiera produttiva, rappresenta un rischio concreto, specie per i più vulnerabili. Mentre alcuni difendono la tradizione casearia, cresce la pressione per etichette più chiare e normative stringenti, affinché un gesto semplice come mangiare un pezzo di formaggio non si trasformi in una condanna a vita.

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