Napoli, il fenomeno dei bar e ristoranti che non pagano il canone per l’occupazione del suolo pubblico è diventato un caso eclatante. Nel 2024, solo il 28% delle attività ha versato quanto dovuto, lasciando un buco di circa 5 milioni di euro nelle casse comunali. Su un totale di 7 milioni di euro accertati, ne sono stati incassati appena 2, un dato che evidenzia una diffusa tendenza all’evasione. Questo comportamento sottrae risorse preziose alla città, penalizzando i cittadini che vedono lo spazio pubblico occupato senza un ritorno economico.
Due su tre non pagano: i numeri del 2024
I numeri parlano chiaro: due gestori su tre, nel 2024, hanno evitato di pagare il canone unico per i tavolini sistemati su marciapiedi e strade. Rispetto al 2023, quando la percentuale di riscossione era del 34%, la situazione è peggiorata, scendendo al 28,34%. Questo calo è significativo, soprattutto considerando che l’anno scorso le normative post-Covid avevano ancora garantito una certa flessibilità. Oggi, con regole più stringenti, l’evasione sembra essere una scelta deliberata per molti esercenti.
Le conseguenze per il Comune e i cittadini
Il mancato pagamento del canone non è solo un problema economico, ma anche sociale. Il “buco” da 5 milioni di euro si aggiunge a un debito pregresso stimato in circa 40 milioni, accumulato negli anni. Questa cifra monstre priva il Comune di fondi per servizi essenziali, mentre i cittadini perdono spazio pubblico senza un’adeguata compensazione. Le proposte per contrastare il fenomeno includono la revoca delle concessioni a chi non paga, un’idea che sta guadagnando consenso tra i consiglieri comunali come soluzione drastica ma necessaria.
Verso una regolamentazione più severa
Di fronte a questa situazione, l’amministrazione napoletana sta valutando misure più rigide. Si discute di riformare il regolamento sull’occupazione del suolo pubblico, con l’obiettivo di aumentare i controlli e penalizzare gli evasori. L’idea è chiara: chi non rispetta le regole rischia di perdere il diritto ai tavolini. Intanto, la città si interroga su come bilanciare le esigenze dei commercianti con quelle della collettività, in un contesto dove la movida è vitale per l’economia, ma non può diventare un alibi per l’illegalità.
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