Un uomo di 37 anni, detenuto agli arresti domiciliari a Catania, ha deciso di evadere dopo un acceso litigio con la moglie. La vicenda, avvenuta nei giorni scorsi, ha visto il protagonista staccare il braccialetto elettronico e fuggire dall’abitazione familiare, scatenando l’intervento immediato dei Carabinieri. L’episodio ha riportato l’attenzione sulle difficoltà della convivenza forzata in situazioni di restrizione.
La fuga e la richiesta disperata: “Portatemi da mia madre”
Bloccato a poche centinaia di metri da casa, l’uomo ha sorpreso i militari con una richiesta insolita: “Vi prego, portatemi da mia madre”. Stanco delle continue tensioni con la moglie e della vita con i figli, ha giustificato la fuga come un tentativo di sfuggire a un ambiente insostenibile. La sua storia evidenzia come le dinamiche familiari possano aggravare il peso delle misure cautelari.
L’arresto e il ritorno al punto di partenza
Nonostante la sua supplica, l’Autorità Giudiziaria non ha accolto la richiesta. Dopo aver convalidato l’arresto per evasione, l’uomo è stato riportato nell’abitazione da cui era scappato, condannandolo a proseguire i domiciliari con la moglie. Una decisione che, per lui, sembra rappresentare una “doppia pena”, tra la restrizione legale e il disagio personale.
Quando i domiciliari diventano una prigione nella prigione
Il caso di Catania non è isolato: in passato, altri hanno preferito il carcere alla convivenza forzata. Questo episodio solleva interrogativi sulla gestione degli arresti domiciliari e sul loro impatto psicologico. La cronaca continua a raccontare di vite sospese, dove la casa, anziché rifugio, diventa un luogo di conflitto insanabile.
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