È scoppiato un caso che fa tremare il mondo della tecnologia: hard disk Seagate, venduti come nuovi, si rivelano usati, usurati da ore di lavoro estenuante. Una frode che parte dalla Cina e si diffonde in tutto il mondo, Europa inclusa, con dispositivi riciclati da mining farm di criptovalute. È inaccettabile che un colosso del settore sia coinvolto in uno scandalo simile, mettendo a rischio dati e fiducia dei consumatori.
Il trucco dei falsari: inganno sofisticato
I truffatori non si limitano a rivendere robaccia usata: manipolano i dati SMART, azzerano lo storico d’uso e falsificano numeri di serie per far passare questi hard disk come appena usciti dalla fabbrica. Modelli come Seagate Exos, Ironwolf e Ironwolf Pro, pensati per server e NAS, sono i più colpiti. È uno schiaffo in faccia a chi spende soldi per prodotti di qualità, ritrovandosi con ferraglia mascherata da oro.
Come riconoscere i fasulli: la beffa per gli utenti
Per smascherare questi dischi taroccati serve attenzione: i valori FARM, leggibili con tool come Smartmontools o SeaTools, svelano il reale utilizzo, spesso tra 15.000 e 50.000 ore. Altro che nuovi! Seagate si lava le mani, scaricando la colpa su rivenditori disonesti, ma il danno è fatto. Gli utenti devono trasformarsi in detective per non essere fregati, e questo è semplicemente vergognoso.
Un duro colpo alla credibilità di Seagate
Seagate parla di indagini interne e invita a segnalare frodi, ma la sua reputazione è macchiata. Rivenditori come Wortmann e Proshop offrono rimborsi, mentre altri tergiversano. La domanda sorge spontanea: possibile che un’azienda di questa portata non controlli la sua filiera? La truffa, legata al crollo del mining di criptovalute, evidenzia una vulnerabilità inquietante. I consumatori meritano trasparenza, non scuse.
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